Oggi dopo una settimana di isolamento totale da quello che per trent’anni è stato il mio luogo di lavoro, lo studio, ho capito che quello che chiedevo e professavo da ormai numerosi anni su una rivoluzione economica, sulla rivoluzione del lavoro, sulla gestione e controllo delle loro variabili non avevano previsto una variabile più grande.
Per anni mi sono soffermato a seguire le evoluzioni che aveva la tecnologia sul sistema economico. Mi sono preoccupato delle innovazioni, delle mode di acquisto e dei condizionamenti dei social sugli acquisti ma non ho inserito tra le variabili un evento catastrofico che in pochissimi giorni avrebbe potuto fermare l’economia del pianeta intero.
Si pensi che fino al 24 febbraio 2020 lavoravo con i miei clienti a combattere in Italia un fisco vorace che aggrediva il 65% dei redditi prodotti;
a cercare partner esteri con cui collaborare e far collaborare i deboli clienti della nostra provincia (Foggia) con realtà economiche più solide del pianeta;
a studiare forme di salvaguardia del patrimonio da un fisco che era diventato più vorace grazie alla crisi economica;
a combattere l’arroganza di un fisco non sempre equo che aggrediva il tessuto economico produttivo pur di fare cassa.
Oggi mi accorgo che per quasi dodici anni, dal 2008, ho collaborato a far sviluppare un sistema economico che poteva essere spazzato via da quello che oggi abbiamo imparato a riconoscere come una pandemia planetaria.
Pensare che per il futuro non sarà più possibile continuare con la vita tradizionale, con il business tradizionale e con le regole tradizionali ci impone da subito una strategia per ripartire. Queste parole saranno valide quanto più tempo rimarremo fermi per evitare uno stillicidio di morti causato dal proseguire la vita di tutti i giorni.
Quando i rischi per la nostra salute si saranno affievoliti l’economia e le sue regole prima dello “shot down” non saranno più le stesse.
E’ pensabile che non saranno danneggiate
-le multinazionali che incontreranno il mercato globale con il loro commercio on line,
– le aziende industriali che continueranno, come aziende strategiche, ad essere rifinanziate o statalizzate,
– la grossa distribuzione, alimentare e non, che avrà il suo segmento di mercato seppur il consumatore destinerà il grosso dei propri redditi a nuovi beni che soddisfino nuovi bisogni (nuovi bisogni primari)
– la logistica come asset strategico per favorire il collegamento tra produttore e consumatore finale in qualsiasi parte del pianeta esso si trovi.
So bene che se si volessero oggi delineare le basi della nuova economia per il futuro business non è ancora chiaro, ma è anche vero che dobbiamo programmare la riapertura delle nostre attività pensando già adesso ad una loro riorganizzazione.
Dobbiamo già pensare che quando saremo liberi di uscire, di vendere e di comprare non avremo le stesse esigenze di ieri. La prova che stiamo vivendo ci proverà emotivamente, negli affetti e nella redditività.
Saremo uomini diversi con una visione diversa del nostro futuro. Ci sarà semplicemente anche chi avrà voglia di pensare solo al presente.
Quello che più mi interessa è immaginare che domani i miei bisogni si saranno riposizionati e saranno diversi da quelli che erano fino a ieri. Significa che alcuni beni e servizi potrebbero non essere considerati essenziali da una moltitudine di ex compratori e utilizzatori portando ad un sistema nuovo con aziende nuove.
Da qui mi piacerebbe avere una platea di clienti che pensa al futuro con ottimismo, ripescando parole che fino a ieri avevamo messo da parte come RICONVERSIONE E RIPOSIZIONAMENTO.
Dobbiamo tutti sapere che saremo parte di una nuova realtà e che nulla sarà impossibile.
I debiti di fornitura collettivi dovranno essere regolamentati, i protesti sospesi, i debiti di finanziamento rinegoziati, i debiti fiscali e tributari dovranno essere stralciati, rottamati o condonati. Ci si troverà in una realtà nuova e tanto più diversa da quella precedente tanto più saremo costretti a rimanere nelle nostre case per evitare il contagio.
Lorenzo Valentino