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Il potere di firma va dimostrato dalle Entrate

– Gli uffici devono consentire di individuare il delegato e provare i relativi poteri

La delega per la firma degli accertamenti tributari emessi dall’agenzia delle Entrate ha assunto negli ultimi tempi un’importanza fondamentale nella difesa dei contribuenti. L’articolo 42 del Dpr 600/73, infatti, prevede che gli accertamenti in rettifica e quelli d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Il legislatore ha poi previsto che l’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione. La norma prevede così che l’accertamento debba essere firmato dal «capo ufficio» o da «altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato» a pena di nullità, con la conseguenza che la stessa divenga un elemento necessario per la validità dell’atto, al pari della motivazione o dell’indicazione delle somme pretese.

La Cassazione, con un orientamento che sembrava ormai consolidato, aveva indicato i requisiti minimi per la validità, precisando tra gli altri, che non è sufficiente l’indicazione della sola qualifica professionale del dirigente destinatario della delega (delega di funzione), poiché occorre il riferimento nominativo di chi effettivamente riveste tale qualifica.

Secondo tale orientamento, quindi, la delega in bianco era da considerarsi nulla poiché non consente al contribuente di verificare agevolmente se il delegato abbia il potere di sottoscrizione dell’atto impugnato e non potendo tale indagine “amministrativa” trasferirsi in capo al ricorrente stesso.

Recentemente, però, con due pronunce depositate più o meno a distanza di un mese l’una dall’altra (8814 e 11013 del 2019), la Cassazione pare aver modificato tali principi. In sintesi, si è affermato che in caso di contestazione della sottoscrizione dell’avviso di accertamento, ai fini probatori non e? necessaria l’indicazione nominativa della delega, ma è sufficiente la precisazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza fra il sottoscrittore e il destinatario della delega stessa.

Tali conclusioni lasciano qualche perplessità, poiché come rilevato nelle precedenti pronunce, i capi ufficio o capi team al momento della delega potrebbero non rivestire più l’incarico all’atto della sottoscrizione del provvedimento impositivo (per trasferimento, pensionamento ecc.) e il contribuente potrebbe non aver modo di verificare, trattandosi di atti interni.

Ad ogni buon conto, la Cassazione anche nelle recenti pronunce, ha confermato che incombe all’Amministrazione dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo e l’assenza di vizi al riguardo.

I giudici di merito sono così tenuti ad un’attenta verifica della possibile fondatezza dell’eccezione sollevata in tal senso dal contribuente. Tra le più recenti sul punto, si segnala la Ctp di Caserta (sentenza n. 2377/6/2019 presidente e relatore L. Barretta) che ha ritenuto nullo l’avviso di accertamento poiché l’agenzia delle Entrate non aveva fornito in giudizio la prova sul potere di firma del sottoscritto dell’avviso di accertamento.

A tal fine, quindi, dinanzi all’eccezione sollevata dal contribuente nel ricorso introduttivo, occorre verificare che l’Ufficio abbia documentalmente provato il potere di sottoscrizione e nel caso di delega in bianco occorre verificare se sia possibile individuare con precisione il soggetto delegato. Va infatti evidenziato che nonostante il nuovo orientamento, comunque la Cassazione ha pur sempre ritenuto che debba potersi individuare il soggetto delegato alla sottoscrizione.

Fonte: Il sole 24 Ore
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